Milan l’è un gran Milan

Ovvero: il concerto di Milano per una band di Milano vissuto da un Brasilo-romano…

Già, perché da quando sono entrato a far parte di questa banda di pazzi ho iniziato a prendere le misure con l’attesa, la vigilia e il giorno del concerto meneghino.

Un episodio a sè, all’interno di qualsiasi tour io abbia vissuto con gli After.

Un po’ come Roma-Lazio. Il derby.

Una partita a sè.

Io una mia città non l’ho sostanzialmente mai avuta.

Sono sempre stato adottato, per cui, al di là della fede calcistica, non riesco a comprendere fino in fondo l’unicità di un evento simile ma mi affascina moltissimo e mi carica altrettanto viverlo di riflesso dagli occhi e dalle emozioni dei miei compari.

Questo doppio Alcatraz non fa eccezione. Anzi.

Lo sento già al risveglio del primo giorno. Sarà che aprire gli occhi nel proprio letto e non dover partire per raggiungere il concerto o svegliarsi direttamente in una stanza d’albergo nella città che ti ospita è già un’anomalia. Questo, come credo tutti i mestieri, ha dei rituali, delle piccole maniacali abitudini quotidiane che sanciscono i tempi e i modi delle nostre giornate.

Ecco, un concerto in casa sovverte molti di questi appuntamenti mettendo testa e corpo in subbuglio sin dal risveglio.

Nella peggiore delle ipotesi (traffico permettendo) si è a 40 min dal palco, non ci sarà nessun viaggio, nessun autogrill, nessun albergo, nessun ristorante (all’alcatraz si mangia nei camerini). Ci si incontra tutti direttamente al soundcheck.

E così accade.

Finora il tour sta filando ancora più liscio del previsto. Le date sono andate benissimo.

Il clima fra noi è molto buono e quello tra noi e la crew ancora meglio.

Sappiamo già che la data di domani è sold out e per quella di stasera mancano appena una manciata di biglietti per cui siamo (sulla carta) in una botte de fero (alla romana).

Tutto ciononostante appena arrivato in camerino mentre aspetto gli altri che si avvicendano alla spicciolata la sento, quell’elettricità delle date in casa.

Nella loro casa che ormai è un po’ anche la mia.

Stasera con noi ci saranno Nic Cester e Rachele Bastreghi.

Nic è già arrivato e pare proprio in splendida forma. Ci siamo conosciuti durante le registrazioni di Padania, sul lago di Como. Lui al tempo viveva lì e venne a trovarci in studio in una fase piuttosto avanzata di lavorazione per cui ebbe l’occasione di ascoltare quasi tutto il disco, anche se con i cantati provvisori e senza testi.

Ne rimase molto impressionato!! Da allora nacque un bel rapporto di stima e amicizia con la band e una bella amicizia col sottoscritto.

Nic non sale su un palco da 3 anni. Dall’ultimo concerto coi suoi Jet, sciolti ufficialmente l’anno passato. È molto emozionato ma anche molto abituato alle grandi serate e alle grandi platee per cui freme all’idea di cantare con noi. Canterà Veleno, come già fatto nel nuovo HPDB? Reloaded.

Rachele è invece alla sua prima collaborazione in solitaria, senza i suoi Baustelle.

Questo la responsabilizza e emoziona molto, come ci racconta. Canterà Mi trovo nuovo, ultimo brano della tracklist di HPDB?

È molto felice di essere qui e noi di averla sul palco noi.

Finalmente una donna!!!

Stasera e domani avremo anche dei graditi intrusi sotto palco, in sala e addirittura sul palco con noi (ma questo solo nella seconda delle due date): Olo Creative Farm, capitanati eccezionalmente dal regista Giorgio Testi. Filmeremo infatti le due serate sotto la regia di un’eccellenza italiana trapiantata a Londra ormai da tanti anni. Giorgio è un guru del live e ha già lavorato ai video di Rolling Stones, Blur, Smashing Pumpkins, Killers etc etc…ci ha chiesto lui di poter documentare questo tour, in quanto fan della prima ora della band e soprattutto di questo album che tanto ha significato per lui.

Che dire….ne siamo davvero orgogliosi!!

Raccontarvi questi 2 concerti è quasi superfluo ma soprattutto troppo complicato dal punto di vista emotivo. La “bolla” in cui siamo entrati era invalicabile ed è scoppiata solo sull’ultimo pattern di batteria di Giorgio in Televisione, alla fine del secondo concerto.

Posso dirvi però che sono stati molto diversi.

La prima sera probabilmente più sporca, un po’ più imprecisa ma furiosa e sanguigna.

La tensione, forse e come inevitabile, era più alta e la rabbia è sempre un bel modo per scaricarla.

La seconda tecnicamente più precisa. Eravamo più a nostro agio, avendo preso le misure del suono, degli ascolti e le misure di palco e il fatto di non avere ospiti ci ha permesso di non spezzare mai il fil rouge dello spettacolo contribuendo a mantenere alta la concentrazione. È stata meno selvaggia, almeno nella mia percezione.

Certamente nella mia performance.

Siamo comunque molto soddisfatti ed ovviamente felici che voi (mi rivolgo ai milanesi, veri o adottivi in questo caso) abbiate risposto così numerosi e calorosi al nostro invito alla festa. Lo è stata davvero, una vera e grande festa che univa più generazioni.

Visti del palco eravate più eterogenei che mai ed anche questo mi ha colpito ed emozionato.

Segno in più, se mai ce ne fosse bisogno, che questo disco ha davvero fatto da ponte tra chi lo ha visto nascere nel ’97 e chi, oggi, lo scopre quasi maggiorenne (il disco), nel pieno delle sue forze e con un bellissimo, schizofrenico fratello minore.

L’Alcatraz così murato e per 2 sere di fila non l’avevo mai visto.

Che soddisfazione e che gioia.

Grazie a tutti.

Ci si vede a Firenze per l’inizio del rush finale.

-3!

Ciao

Rod

(tutte le foto sono di Andrea Samonà)

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